14 giugno 2006

Le news? Ce le hanno già dette quegli antichi sempre attuali

di Ezio Savino
Nel classico noi siamo immersi. Ci permea. Come un liquido amniotico, nutritivo. Passeggiamo per l’Avenue, ma scopriamo di trovarci agli Champs-Elysées, i Campi Elisi, dove secondo Platone il sole era più splendente del nostro, spiaggia extralusso, oceanica, a cui Virgilio faceva approdare i trapassati eccellenti. Allunghiamo lo sguardo, e scorgiamo la teoria degli Archi di trionfo, replica di quella porta etrusca alla cui ombra i condottieri romani vittoriosi celebravano il loro minuto d’immortalità, mentre però, sullo stesso cocchio un assistente sussurrava loro di tenere a mente di che polvere sia fatto l’uomo. Seguiamo un servizio da Washington e vediamo il Campidoglio, il Capitolium, che nell’urbe dei Cesari era la sede del potere sommo di Giove fulminante. Facciamo surf su internet, ed eccoci nel forum, dove a quei tempi risuonavano le voci di Cicerone e Quintiliano, mischiate agli schiamazzi tribunizi. Ma possiamo anche visitare, virtualmente, l’agorà, uno spazio della parola dibattuta, pubblica, che ad Atene si riempiva di popolo a ogni luna nuova, quando una cordicella tinta di rosso racchiudeva l’assemblea deliberante, l’ecclesia, antenata laica della Chiesa.
Attuali i classici? Suggerisco la prova-giornale. Funziona così. Si sfoglia un quotidiano. Le notizie sono sempre echi di qualcosa di antico. Caso Moggi, la cricca arbitrale, lo sport sporco? La prima gara truccata fu quella di Pelope, che pagò l’auriga di Enomao, suo concorrente nella corsa coi carri, perché sostituisse il mozzo di bronzo con uno di cera. Era l’epoca dei miti, le Olimpiadi erano di là da venire, ma quando la macchina sportiva andò a regime, gli organizzatori pensarono bene di inaugurare una galleria di statue ai piedi del Cronio, la collina che sovrasta i campi di gara. Era la piattaforma degli Zani, così chiamata perché le effigi erano tutte dedicate a Zeus, l’unico arbitro imparziale dei ludi. Si finanziavano le statue con le multe pecuniarie inflitte ad atleti e allenatori «furbetti»: un tale Eupolo di Tessaglia s’era comprato la vittoria sul ring. Lo sappiamo perché ai piedi della statua un’iscrizione immortalava il misfatto. Intercettazioni telefoniche? Le inventarono i tiranni di Siracusa, che dall’Orecchio di Dioniso, una cavità artificiale, auscultavano i sussurri dei complotti. Vogliamo capire di più sulle relazioni internazionali di oggi? Rileggiamo il dialogo tra Ateniesi e Meli, in Tucidide: sotto il fasullo perbenismo del diritto, infiocchettato di unione, solidarietà e cooperazione, vige una legge unica, quella del più forte. Le contraddizioni del pacifismo sono già incistate nell’aforisma Si vis pacem, para bellum, «Se vuoi pace, prepara la guerra» del militarista Vegezio, mentre Tacito, in una corrispondenza dalla Gran Bretagna, liquidava i metodi dei conquistatori con il lapidario desertum faciunt, et pacem appellant.
A chi suda sui classici, in questi giorni, va detto: ragazzi, voi non studiate il passato, ma l’oggi e - siamo coerenti fino in fondo - il domani.
« Il Giornale » del 14 giugno 2006

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