27 giugno 2006

I sessant'anni dell'amnistia Togliatti

di Gianluigi Torchiani
Nonostante le parole spese nei giorni scorsi sulla necessità di un atto di clemenza per i carcerati, in pochi hanno ricordato la prima amnistia dell'Italia repubblicana.
Esattamente sessanta anni fa, il 22 giugno del 1946, Palmiro Togliatti, ministro della Giustizia del primo governo De Gasperi, varò la cosidetta "amnistia Togliatti". L'intenzione del leader comunista era quella di pacificare il paese, ma il provvedimento finì per tradursi in un vero e proprio colpo di spugna per migliaia di fascisti, compresi i responsabili dei crimini più efferati. Ne abbiamo parlato con lo storico Mimmo Franzinelli, autore del libro L'Amnistia Togliatti, edito da Mondadori.
Perchè Togliatti decise di varare l'amnistia?
I motivi sono essenzialmente due: prima di tutto per l'esistenza di un ampio fronte politico favorevole all'amnistia, che comprendeva monarchici, Dc, Uomo Qualunque. L'unico partito che si opponeva dichiaratamente al provvedimento era il Partito d'Azione, che però era uscito con le ossa rotte dal voto del 2 giugno. In secondo luogo perchè Togliatti aveva un progetto politico: il Pci veniva da oltre 15 anni di clandestinità e voleva trasformarsi in partito di massa, e aveva la necessità di rompere il ghiaccio con quei settori della società italiana che avevano servito il regime. Ecco perchè Togliatti, che in un primo momento era tutt'altro che entusiasta del provvedimento, si decise a varare l'amnistia.
Gli effetti dell'amnnistia andarono oltre quelli previsti da Togliatti. Come fu possibile?
Il segretario comunista aveva varato un'amnistia "bipartisan", che avrebbe dovuto comprendere anche i reati commessi dai partigiani ed ecludere i reati peggiori, ma in realtà pochissimi uomini della resistenza beneficiarono del condono, mentre moltissimi criminali furono liberati. Il motivo? Togliatti, laureato in giurisprudenza, aveva scritto personalmente la legge, senza neanche farla correggere dagli specialisti. Questo errore di presunzione lasciò molto campo all'interpretazione estensiva della magistratura, perloppiù composta da uomini anziani e che avevano fatto carriera sotto il regime fascista. Grazie alla fomula dell'amnistia che prevedeva l'esclusione "degli autori di sevizie particolarmente efferate", i giudici poterono agevolmente interpretare il provvedimento in senso estensivo. Infatti la Corte di Cassazione di Roma amnistiarono persino chi aveva stretto nelle morse i genitali degli antifascisti perchè la tortura non era durata particolarmente a lungo.
Quante persone beneficiarono dell'amnistia? Che fine hanno fatto negli anni successivi?
Difficile quantificare il numero esatto delle persone. Diciamo che siamo nell'ordine delle diecimila unità. Le prime persone a beneficiare del provvedimento furono i gerarchi di più alto grado, che avevano i soldi a disposizione per pagare i migliori avvocati e per oliare i meccanismi della macchina giudiziaria. Per quanto riguarda invece il dopo-amnistia, bisogna ricordare come negli anni seguenti i 2/3 della base parlamentare del Msi sarà costituito da parlamentari amnistiati. Questo perchè in Italia, a differenza di altri paesi europei, l'amnistia non previde l'esclusione dalle cariche pubbliche per i collaborazionisti, come erano di fatto i gerarchi della RSI.
La storiografia comunista cercò di addossare le colpe dell'amnistia Togliatti a tranelli della Dc. Dove sta la verità?
Togliatti scrisse personalmente la legge, ma fece l'errore di sottovalutare il ruolo della magistratura e la forte reazione di protesta della base comunista. Ecco perchè, appena venti giorni dopo il varo del provvedimento, Togliatti scaricò la patata bollente al compagno di partito Fausto Gullo, rinunciando all'incarico di ministro della giustizia nel nuovo governo De Gasperi. Da lì in poi ci fu il tentativo della storiografia comunista di discolpare il "Migliore" che, al momento di lasciare Palazzo Piacentini, portò via con sè le carte sull'amnistia. Per tutti questi anni i documenti furono dati per dispersi, sino a quando non li ho ritrovati nell'archivio dell'Istituto Gramsci.
Esiste una qualche somiglianza tra l'amnistia del '46 e quella di cui si parla oggi?
Anche allora come oggi esisteva un problema di sovraffollamento delle carceri, che era anzi ben più drammatico di quello attuale. Accanto alle migliaia di detenuti per così dire politici, vi erano anche moltissimi criminali comuni perchè la guerra aveva fatto moltiplicare il numero di reati e di banditi. I motivi alla base di quella amnistia furono diversi; studiare quei momenti però mi ha fatto pensare come, anche oggi, l'talia sia un paese in cui manchi la certezza del diritto. Un paese dove a pene severissime in primo grado seguono revisioni, condoni e amnistie a cadenza periodica che portano a rapide liberazioni.
«Il Sole 24 Ore» del 22 giugno 2006

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