14 giugno 2006

Docenti di qualità

Retribuzioni secondo il merito? «Sì, ma serve vera autonomia» L'invito rivolto dal governatore di Bankitalia riaccende il dibattito: sì dalle associazioni di categoria, cautela del sindacato
di Enrico Lenzi
Uno spettro si aggira nella scuola italiana: il merito professionale. È bastato l'invito del Governatore di Bankitalia Mario Draghi a riconoscere e premiare la qualità anche nel campo professionale educativo per riaccendere in parte le polveri di una vecchia polemica, che qualche anno fa vide scendere in piazza migliaia di insegnanti. Non che la categoria docente rifiuti di introdurre il criterio del merito, ma lo scontro è sui parametri con cui riconoscerlo e, soprattutto, premiarlo. Se sul fronte sindacale l'argomento è in parte ancora un piccolo tabù, su quello dell'associazionismo professionale trova un terreno più favorevole. «Da tempo sosteniamo che il principio deve trovare cittadinanza dentro la scuola - ricorda Luciano Corradini, presidente nazionale dell'Unione cattolica insegnanti medi (Uciim) -. Gli stessi docenti del resto chiedono che venga riconosciuto l'impegno professionale». Stessa lunghezza d'onda per Diesse, l'associazione professionale dei docenti vicini alla Cdo. «Assolutamente favorevoli a vedere riconosciuto con aumenti di stipendio il merito dei singoli docenti», afferma Fabrizio Foschi, che da questo mese ha assunto la presidenza nazionale dell'associazione. «Il problema va affrontato, anche perché la mancanza di riconoscimento del merito e dell'impegno sta demotivando una parte del corpo docente italiano, che al contrario vuole dimostrare la propria capacità professionale, ma che viene di fatto mortificato», avverte Foschi. Insomma, aggiunge Mariangela Prioreschi, presidente nazionale dei maestri cattolici (Aimc), «non possiamo continuare nell'attuale grigiore in cui si procede soltanto con il criterio di anzianità di servizio». Mentre Confindustria torna a invocare «più risorse al merito» con il suo vicepresidente Gian Felice Rocca, non tutto il mondo sindacale è refrattario al tema. «Già ai tempi del ministro Berlinguer - ricorda Francesco Cormino, già segretario regionale della Campania per la Cgil-scuola - come confederali, in sieme allo Snals, avevamo cercato di introdurre questo criterio. Vista la risposta negativa, sbagliammo probabilmente nella comunicazione e nello strumento individuato» (si propose un concorso a quiz, ndr). Ma quell'apertura è rimasta sotto traccia e «si può tornare a parlarne, anche se questa volta sarebbe meglio coinvolgere la categoria anche nell'individuazione degli strumenti migliori. Evitando comunque automatismi». E così si torna al problema dello strumento con cui riconoscere il merito. «Penso che questo meccanismo passi attraverso l'autonomia scolastica», suggerisce ancora Foschi, aprendo di fatto un'altra ferita del sistema scolastico, anche se proprio ieri il ministro dell'Istruzione Giuseppe Fioroni ha emanato un decreto che prevede la possibilità da parte delle singole scuole di modificare fino al 20% i curricoli scolastici dell'ordinamento vigente. «Ciò consentirà per il prossimo anno - spiega il ministro - di individuare percorsi di studio funzionali alle esigenze dei ragazzi e di raccogliere le opportunità comunque espresse nei diversi territori».L'autonomia scolastica è una realtà operativa, seppur con molti condizionamenti, nella scuola italiana. Il consiglio d'istituto può deliberare sul sabato libero, ma non sulla gestione del personale. «Quando parlo di autonomia ovviamente mi riferisco a quella che prevede la possibilità per le singole scuole della scelta diretta dei docenti» spiega Foschi. «Scenario condivisibile - gli fa eco Roberto Pellegatta, presidente nazionale della Disal, associazione professionale dei capi d'istituto -, ma al momento lontano nel tempo. Troppi i vincoli di legge e contrattuali e assolutamente assenti i fondi necessari». Più cauti anche Aimc e Uciim sulla scuola autonoma come unico luogo in cui riconoscere il merito. «È sicuramente un terreno fertile per spronare la professionalità - riconosce Mariangela Prioreschi dell'Aimc -, ma servono criteri chiari, condivisi, nazionali e oggettivi per procedere al ric onoscimento della qualità professionale, altrimenti si rischiano arbitrii». Condivide Corradini: «È una strada, ma bisogna introdurre quei correttivi che possano compensare situazioni non eque che si potrebbero verificare». Anche sui criteri il terreno appare scivoloso. «Oggi siamo al paradosso: più un docente si allontana dalla sua funzione primaria per fare esperienze diverse, maggiore diventa il suo stipendio», commenta Prioreschi, che al contrario indica nei «crediti professionali acquisiti sul campo» uno dei criteri di merito. Vanno bene le pubblicazioni o la partecipazione a corsi di aggiornamento, ma «anche saper svolgere al meglio la propria attività in classe a contatto con gli studenti deve essere un criterio di merito professionale». Preparati sì, ma «capaci di essere davvero educatori», sottolineano all'unisono le associazioni professionali. I tempi sono maturi per il cambiamento? La risposta tocca al nuovo vertice di viale Trastevere.
« Avvenire » del 14 giugno 2006

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