20 giugno 2006

Barocco, teoria e arti

L’eccellenza della Città eterna in una mostra sulla «mentalità del tempo» curata da studiosi come Portoghesi e Fagiolo
di Marco Bussagli
Quanto sono lontane le disquisizioni per stabilire se il barocco fosse arte o meno. Oggi, per fortuna, non ci si pone neppure più il problema, ma giusto sessant'anni or sono, nel 1946, Benedetto Croce, con il suo poderoso volume Storia dell'età barocca in Italia. Pensiero. Poesia e Letteratura. Vita morale, pubblicato per i tipi di quella che allora si chiamava "Giuseppe Laterza & Figli. Tipografi-Editori-Librai", pose una seria ipoteca sulla validità del barocco, considerato alla stregua della «peste del gusto», secondo la definizione che ne aveva dato l'acido Milizia. Naturalmente, il barocco cui si riferiva Croce era quello letterario, quello di Basile o di Marino, oppure di Tassoni. Nel suo testo, Gian Lorenzo Bernini non è neanche citato, eppure la sua critica negativa pesò come un macigno sulla considerazione di tutti gli aspetti della cultura barocca. Ci vollero gli sforzi di studiosi stranieri come Stirch, Curs e D'Ors per osservare il fenomeno da un'altra angolatura e attribuire al barocco valore di categoria dell'anima, tanto da individuare fasi "barocche" nelle diverse forme evolutive dell'espressività umana in età diverse e distanti. Ci vollero, soprattutto, gli sforzi di Rudolf Wittkower con il suo Art and Architecture in Italy: 1600 to 1750, edito la prima volta nel 1958 per la Penguin Boks e, più tardi, quelli di Giulio Carlo Argan con la sua Europa delle capitali stampato a Ginevra per Skira nel 1965, per rivalutare il barocco e restituirgli il giusto ruolo nell'ambito dello sviluppo della creatività dell'arte italiana prima e mondiale poi. Oggi tutto questo è lontano e dimenticato, sicché a nessuno verrebbe in mente di dire che il Barocco non è arte, ma è bene ogni tanto ricordarlo anche perché in questo modo si ha la possibilità di apprezzare ancor meglio una mostra come Roma Barocca, allestita in questi giorni nelle sale suggestive di Castel Sant'Angelo. Già, perché bisogna sapere che il fulcro di tutto quest'immenso movimento artistico che si pr otrasse, sia pure con variazioni e modifiche fino alla metà del Settecento in architettura e fino al 1784 in pittura, quando un capolavoro come il Giuramento degli Orazi di Jacques-Louis David sotterrò il rococò (declinazione del barocco) e diede vita al neoclassicismo, tutto questo immenso movimento artistico - dicevo - ebbe come fulcro Roma. Del barocco la città eterna fu culla e teatro, madre e protagonista di un'avventura artistica che esportò questo linguaggio a Parigi come a Madrid, a Londra come a Praga, fino a Città del Messico. Adesso, il Comitato Nazionale "Roma e la nascita del Barocco" promuove questa Mostra a conclusione del decennio d'attività conseguente alle ricorrenze del quarto centenario della nascita di Pietro da Cortona (1597), Bernini (1598) e Borromini (1599). L'iniziativa viene realizzata dal Centro di Studi sulla Cultura e l'Immagine di Roma con la partecipazione dell'Università di Roma "La Sapienza", d'intesa con la Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Romano. Curata da studiosi di tutto rispetto come Paolo Portoghesi e Marcello Fagiolo, la mostra può considerarsi un viaggio nella mentalità barocca. Corredata da un bel catalogo edito da Electa, l'esposizione pone in rassegna 158 opere, fra disegni, quadri, sculture, modelli ricostruttivi e libri, divise in dodici sezioni, ci permettono d'osservare il problema del barocco da angolazioni diverse e complementari. Il punto di partenza, naturalmente, sta nel linguaggio artistico dei maestri appena ricordati dei quali sono esposti progetti e disegni che permettono di avvicinarci al metodo di progettazione e di seguire alcune fasi del processo creativo. Da qui, si allarga la visuale all'editoria e alle splendide edizioni barocche con la presenza di testi importanti come il noto Obeliscus Pamphilius di padre Athanasius Kircher che può essere considerato il trattato teorico che sta dietro la realizzazione della Fontana dei Fiumi di Bernini. Poi i papi (Urbano VIII, Clemente VIII, Innocenzo X e Alessandro VII), protagonisti quanto i maestri perché committenti dei loro capolavori. A completamento, la storia barocca della basilica di San Pietro, quando il centro della Cristianità acquista sostanzialmente l'aspetto attuale, summa e sintesi del pensiero artistico e religioso barocco. Una sezione dedicata ai cantieri barocchi pare un omaggio a Jennifer Montague che si è a lungo occupata del problema. Da qui in poi, appaiono i temi, trattati con intelligenza e spettacolarità per entrare nei meccanismi della mente barocca. Allora, lo spazio, la prospettiva usata per creare uno spazio ingannevole e stupefacente più che per riprodurne la verosimiglianza, la scienza per avvicinarsi al naturalismo, la musica per sentire le sonorità barocca con l'eccezionale presenza dell'Arpa Barberini e, infine, il "Barocco interrotto". Si tratta di una sezione, sul filo della memoria, che mostra quei progetti che non sono stati realizzati per mancanza di fondi o che sono andati distrutti.
Roma, Castel Sant'Angelo: « Roma Barocca », fino al 28 ottobre
«Avvenire» del 20 giugno 2006

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