18 maggio 2006

Ma la letteratura non è un reality show

di Giorgio Pressburger
Sulla relazione tra opera letteraria e realtà, da Aristotele fino ad oggi, sono stati scritti trattati sufficienti a riempire varie biblioteche. Tuttavia negli ultimi anni la situazione in questo ambito si è modificata tanto radicalmente, da richiedere forse l'apertura di una nuova biblioteca. Già l'entrata "in campo" di alcuni grandi saggisti, qualche anno fa, aveva modificato l'aspetto della narrativa mescolando i generi, in modo da trasformare per esempio un libro di viaggi, con relativa divagazione saggistica, in un'opera narrativa con tanto di invenzioni e intrecci.
L'esempio più noto di questo tipo di letteratura narrativa è probabilmente Danubio di Claudio Magris. Ma contemporaneamente sono apparsi anche «libri-verità» basati su interviste a persone la cui vita potesse apparire tanto romanzesca e tanto estendibile a un vasto campionario umano, da costituire oggetto di vere opere letterarie. Il celebre libro di Truman Capote su un assassino condannato a morte naturalmente fa parte di quella letteratura. Ma anche Storia di Piera di Dacia Maraini ne è un esempio.Quale avvenimento ha modificato il concetto di "realtà" negli ultimi tempi? Naturalmente ha avuto un ruolo importante l'avvento dei reality-show che hanno invaso la mente e la coscienza degli spettatori televisivi di tutto il mondo (e una parte di questi spettatori è costituita da lettori). Quindi la realtà ha cominciato a far parte della fiction, cioè della finzione, della rappresentazione artistica. In quelle rappresentazioni, in quegli show agli spettatori si mostra la realtà nuda e cruda, così come le telecamere la colgono "dal vivo" in un gruppo umano selezionato appositamente.
È inutile dire che con la realtà "vera" quegli show hanno ben poco a che fare. Si tratta di una falsificazione abbastanza tendenziosa, tale però da destare nello spettatore "l'empatia", cioè il sentimento di partecipazione per qualcuna delle persone esibite, e "antipatia" per altre. La trama si tesse sul pettegolezzo, sulla curiosità di come andrà a finire, chi sarà "buttato fuori" dallo show, e chi ci rimarrà. Quindi si tratta di rappresentazione-verità e di storia da "giallo", da romanzo poliziesco unite insieme. La realtà diventa fonte di pettegolezzo, sfogo della violenza nel soddisfare la propria curiosità di svelare il segreto altrui, della propria presunta onniscienza davanti alla quale non devono esistere segreti. La parola "realtà" ha acquisito ultimamente questo significato e questa "colorazione".
E così nascono i bestseller irresistibili, magici (Harry Potter) occulti (Codice da Vinci), spaziali, biologici (Jurassic Park), eccetera. Tutto sommato una delle funzioni della narrativa è stata sempre questa, non c'è di che scandalizzarsi. Basti pensare a L'asino d'oro di Apuleio o a Gulliver di Swift. Ma quella letteratura (del fantastico) oggi ha assunto un aspetto davvero strano, da laboratorio per fare denaro, più che per far nascere nel lettore qualcosa, qualche sentimento, intuizione o pensiero, o disposizione d'animo di cui questo lettore sappia che cosa farsi. "Realtà e letteratura" oggi è un binomio difficile non soltanto per lo screditamento e contemporanea sopravvalutazione dell'opera narrativa, ma anche per la totale indecifrabilità del reale.
A cominciare dalla politica e dai mezzi di comunicazione di massa, si fa di tutto per occultare, inquinare i dati della nostra vita di tutti i giorni, in modo da farci credere ciò che non esiste. Tutti ricordano i sessantamila morti di Timisoara (Romania), dichiarati dalla stampa e dalla tv, che mostrò dei cadaveri che poi risultarono essere stati tirati fuori dall'obitorio, cadaveri di uomini morti di malattia, con il taglio e la ricucitura dell'autopsia addosso. Non ci furono sessantamila morti, né mille, né cento, né dieci. E che dire delle immagini dell'ospedale di Catinara di Trieste spacciate per quelle della centrale nucleare di Chernobyl? Quelle immagini furono comprate e trasmesse dalla nostra televisione di Stato. Quindi la realtà è indecifrabile, inspiegabile, evanescente, screditata anche essa, come la letteratura? Allora che cosa rimane?
« Avvenire » del 18 maggio 2006

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